sabato 9 febbraio 2013

IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE DEI NOSTRI RAGAZZI: DONO O PREMIO?



Se ci poniamo dal punto di vista dei ra­gazzi,  dobbiamo accet­tare che essi siano quello che sono.
Spesso li dipingiamo come un problema per il nostro fare catechesi: in realtà essi sono coloro che patiscono i problemi del modo di vivere di og­gi. Possiamo dire che se og­gi è difficile fare i genitori e fare i catechisti, è difficile anche fare i ragazzi: non è facile, cioè, vivere la fase della adolescenza. Se diamo la confermazione a ragazzi di questa età, non possiamo non accettare che siano in questa condizione.
Rispetto a loro, ci possiamo chiedere se il sa­cramento è da presentare come un dono o come un premio. E’ chiaro: tutti diremmo im­mediatamente che è un dono. Però può suc­cedere che durante il percorso insistiamo tanto su esigenze da soddisfare, al punto che il sacramento si presenta più come un premio, un riconoscimento del cammino fatto. E se il comportamento di un ragazzo non ci sembra corrispondere a determinate attese, ci ponia­mo il problema se sia da celebrare per lui il sacramento. Prima ancora di tutto questo, dovremmo chiederci: "ma questo ragazzo, cosi com'è, ci sta a cuore? E sta a cuore a Dio?".

Questo è un messaggio decisivo da comunicare ai ragazzi: "voi ci state a cuore; qualsiasi cosa succeda, ci state a cuore". Certo, non è il caso che comunichiamo a loro la nostra ansia nei loro confronti, la nostra paura o la nostra sfiducia. Paradossalmente, non sarebbe così strano dire a loro, dopo che hanno ricevuto la confermazione: "ora che avete finito il per­corso dell'iniziazione, andate e provate a di­ventare cristiani adulti; ci diamo appunta­mento tra qualche anno e ci racconteremo le esperienze fatte; se avrete bisogno di aiuto, noi saremo sempre qui, e se noi avremo biso­gno del vostro aiuto, ve lo chiederemo".
Sarebbe un modo per esprimere la nostra fi­ducia in loro: "siete cristiani: mostratemi che cosa può poter dire questo per voi e per noi". L'esempio è volutamente provocatorio, per esprimere un tipo di atteggiamento non trop­po pretenzioso. Non si vuole con questo le­gittimare una indifferenza rispetto a loro. Il sacramento è un dono, ma noi sappiamo che i doni veri impegnano, perchè ci implicano in una relazione con il donatore e ci fanno sco­prire di essere importanti per qualcuno. Ac­cogliere un dono significa imparare a ricono­scere l'intenzione gratuita di chi te lo offre, sentire che I'altro si interessa a te, ma in mo­do gratuito e non vincolante, corrispondere al dono con la personale gratitudine. La logi­ca del dono quindi si oppone a quella del pre­mio, ma non significa che non richieda una risposta impegnativa. Esso ci implica in un rapporto gratuito e di riconoscenza recipro­ca; da ciò ciascuno potrà sviluppare i propri modi di coltivare e ampliare questo rapporto. In una parola, il dono non è semplicemente riconoscimento di ciò che sei, ma è l'inizio di ciò che puoi diventare.
Ma un cammino di prepara­zione alla confermazione non deve riguarda­re solo i cresimandi, deve concernere an­zitutto la comunità ecclesiale nella sua inte­rezza. In qual modo siamo Chiesa? Sappiamo riconoscere il dono di Spirito che è in ciascu­no? Facciamo spazio alla ministerialità e alla vivacità di carismi che vengono suscitati dallo Spirito? Se non vi fosse la possibilità di speri­mentare in una certa misura queste realtà, la catechesi ai cresimandi risulterebbe teorica e ne uscirebbe fortemente indebolita. Sarebbe come parlare di una cosa senza poter vedere a che cosa facciamo riferimento. Parliamo di ministerialità che si possono assumere, di te­stimonianza da dare, di carismi da esprimere, ma non vediamo bene in che modo ciò sia possibile, perchè la comunità cristiana non evidenzia abbastanza questi caratteri.
Sogniamo un percorso più incisivo per la nostra chiesa nei riguardi dei nostri ragazzi!                                                                                                                                                            

Don Alfredo Di Stefano
Parroco

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