Sora ebbe il tragico destino di tutte le città di confine e perciò fu dilaniata da feroci lotte tra fautori dell'autorità pontificia e di quella imperiale. Nel 1103 durante l'occupazione normanna, Sora fu bruciata, e anche la chiesa di S.Maria andò distrutta. L'iscrizione latina posta sull'architrave e gli stipiti del portale ricorda l'intervento di restauro, l'ampliamento della struttura preesistente e la dedicazione a S.Maria Assunta in Cielo, ufficialmente avvenuta il 9 ottobre 1155 quando papa Adriano IV solennemente consacrò la chiesa.
L'edificio era stato allungato di 8 metri, fornito di nuove monofore, due nelle navate laterali e due nella facciata. Appartengono a questo periodo il leone stiloforo in pietra ed alcuni capitelli. Purtroppo la distruzione del 1156 ad opera di un signorotto locale ma, soprattutto, quella ordinata dall'imperatore Federico II il 28 ottobre 1229, con cui si intendeva punire l'orientamento filo-angioino di Sora e del suo Capitolo, segnò la rovina e la decadenza dell'edificio, nonostante che inseguito papa Gregorio IX, nel 1236, chiedesse a Federico II che fosse permessa la riparazione di S.Maria.
Nel 1250, per volontà testamentaria di Federico II, fu concesso di ripristinare la chiesa, anche grazie al generoso lascito da parte di Luca, Vescovo di Sora.
Risale alla fine del XIII sec. la costruzione del campanile, meno alto di un piano rispetto ad oggi. La campana fusa al tempo del vescovo Andrea Masarone nel 1321 testimonia che in quel periodo era già stata costruita la torre campanaria ove fu alloggiata una seconda campana nella metà del sec XV.
L'altare maggiore della cattedrale fu consacrato nel 1373 e posto nel mezzo della chiesa. Sono del medesimo periodo un capitello e numeroso materiale lapideo raffigurante stemmi vescovili, civili e sacri.
Il XV fu un secolo di decadenza per la Cattedrale, tanto che un vescovo, Giacomo d'Antiochia, abbandonò la sede episcopale sorana per il palazzo di Sant'Arcangelo in Arpino, forse più confortevole di un edificiuo divenuto un baluardo difensivo, come dimostra la costruzione di un torrione a pianta circolare.
In quel periodo, difatti, il lato settentrionale di S.Maria - dapprima esclusa dalla cerchia muraria che dopo le distruzioni restringeva l'abitato - fu riutilizzato e inserito nel nuovo circuito murario che dal colle scendeva fino a saldarsi con il torrione. Qui guarniva la porta d'Abruzzi, poi il percorso murario riprendeva fino ad incontrare l'altro torrione presso il ponte di S.Lorenzo e girava rafforzando tutto il lato destro del Liri.
Sono databili in questo secolo il trittico del Salvatore e la Madonna in gloria affrescata nella lunetta superiore del portale secondario.
Il Libro Verde, un manoscritto iniziato nel 1612 dal vescovo Giovannelli con l'intento di documentare e censire i beni della diocesi sorana, presenta un quadro fosco delle condizioni in cui versava ormai la chiesa: il portale principale non era agibile, forse perché la rampa d'accesso risultava scomoda o per l'incombente presenza delle strutture difensive da questo lato; il presbiterio non è sopraelevato rispetto al resto né delimitato da balaustra, la navata sinistra conta cinque cappelle laterali, quella destra sei, ripristinate dopo l'interdetto di alcune di esse nel 1592, mentre la zona terminale ha due cappelle laterali, quella dell'Annunciazione a sinistra, del Rosario a destra. Le monofore laterali vengono murate per consentire la creazione delle cappelle in armonia con il nuovo fervore rigorista della Controriforma.
Una piccola finestra, posta accanto alla porta d'accesso alla sacrestia, consentiva la comunicazione con la cattedrale. L'accesso alla chiesa è permesso dall'apertura di una porta nel lato meridionale, in modo da creare una più stretta contiguità con il vescovado.
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