sabato 9 febbraio 2013

COME GESÙ, «CANTORE DEI SALMI»

La Parola di Dio, si sa, va conosciuta, ascoltata, letta, studiata, inter­pretata, annunciata, cantata, testimoniata... pregata; soprattutto pre­gata. «E’ necessario che anche nella catechesi l'accostamento alla Sa­cra Scrittura avvenga in clima di preghiera, affinchè il colloquio tra Dio e l'uomo possa svolgersi nella luce e nella grazia dello Spirito San­to» (RdC 108).

Il rapporto Bibbia e preghiera non può non rimandare direttamente al Libro dei Salmi e a tutta la ricchissima esperienza della storia del popolo di Dio, legata a questi bellissimi canti ispirati. «Il Salterio - si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica- è il libro in cui la Parola di Dio di­venta preghiera dell'uomo.Negli altri libri dell'Antico Testamento le parole dichiarano le opere (di Dio per gli uomini) e chiariscono il mi­stero in esse contenuto. Nel Salterio le parole del Salmista esprimono, cantandole per Dio, le sue opere salvifiche. Il medesimo Spirito ispira l'opera di Dio e la risposta dell'uomo.

Cristo unirà l'una e l'altra. In lui, i Salmi non cessano di insegnarci a pregare» (CCC 2587). Sant'Agostino, con una felice espressione, ha definito Gesù «il canto­re dei Salmi», colui che ha fatto della Parola di Dio il nutrimento del­la propria vita e dei Salmi il proprio inno di preghiera. I Salmi costi­tuiscono, per il popolo d'Israele, l'espressione di tutta la storia vissuta con Dio; sono la traduzione, in forma di preghiera, del dramma della salvezza e di tutti gli avvenimenti a essa connessi. Sono una storia pregata, cantata, vissuta nella gioia e nella sofferenza, ma sempre ri­ferita a Dio, il Signore della storia. Ogni versetto di Salmo è un'azione di Dio, una sua proposta al popolo e, nello stesso tempo, un tentativo di risposta da parte dell'uomo.

Gesù Cristo, inserendosi in questa storia, fa proprie le invocazioni dei Salmi: essi diventano l'espressione della sua vita, sottolineano i suoi sentimenti, ma soprattutto trovano in lui la piena realizzazione. Gesù, fin da piccolo, ha imparato a cantare preghiere salmodiche, sentendole declamare in casa da Maria e Giuseppe, oppure unendosi al coro dei pellegrini che salivano a Gerusalemme: «Quanto sono amabili le tue dimore, Signore!» (Sal 84).

Come ogni ragazzo ebreo, certamente Ge­sù ha cantato l’Hallel, nella casa di Nazaret, durante la celebrazione della Pasqua, come l'ha intonato l'ultima volta nel Cenacolo con gli Apostoli per l'Ultima Cena: «Dopo aver cantato l'inno», annota l'e­vangelista Marco, «uscirono verso il monte degli Ulivi» (Mc 14,26). Solo due volte gli evangelisti, riferendo preghiere di Gesù, riportano espressioni tratte direttamente dai Salmi: sono due brevi versetti, pro­nunciati dall'alto della croce, nel momento estremo della sua vita. I Sal­mi erano diventati per Gesù un modo naturale di pregare; infatti, quan­do le forze vengono meno e gli occhi si annebbiano, affiorano sulle labbra le parole che sono rimaste scolpite nel cuore e che racchiudono il senso di tutta una vita. «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbando­nato?» (Mt 27,46): è l'inizio del Salmo 22, nel quale si coglie il grido accorato di chi cerca, anche nell'ora della morte, lo sguardo miseri­cordioso di Dio.

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46): è il versetto del Salmo 31 ed è l'estrema preghiera di fiducia verso il Signore, la consegna totale di se stesso nelle mani del Padre.

I Salmi, preghiera di Cristo, sono diventati preghiera della Chiesa. Co­me Cristo scopriva nei Salmi la propria missione, anche noi vi leggia­mo la nostra storia personale e comunitaria, la nostra storia di salvez­za. Ma, in questo ambito, viene spontaneo poter cogliere tutta la ric­chezza che il libro dei Salmi, insieme con tutta la Bibbia, offre per una fedele conoscenza della storia della salvezza, per un graduale cammi­no di fede, per una educazione alla vita di preghiera, con le stesse pa­role rivelate dal Signore e rese vive dalla comunità ecclesiale.

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