sabato 9 febbraio 2013

PASTORALE INTEGRATA: CATECHESI – LITURGIA – CARITA’ (gennaio 2010)



“Niente sotto il sole” verrebbe da dire. Non ci troviamo anche oggi di fronte al tentativo di abolire la domenica come giorno della festa, del riposo cristiano, attraverso proposte, in parte già attuate, di un lavoro non interrotto, di negozi aperti, etc? L’espressioni di S.Agostino sembrano riaffiorare anche sulle nostre labbra che ci troviamo a parlare degli eterni e stessi problemi pastorali. Evangelizzazione, iniziazione cristiana, carità, cammino sistematico degli adulti, riscoperta del Battesimo, Confermazione, anno liturgico, mistagogia. Temi pastorali che da Agostino a noi affondano le loro radici nella tradizione della Chiesa e interrogano l’eterna separazione tra fede, celebrazione e vita : tentazioni costanti per i discepoli del Signore di ogni tempo da superare. La celebrazione, la liturgia, è la via del mistero, se la fede è la via della verità, la vita la via della responsabilità.

 1.          Che cos’è la liturgia?

La liturgia cristiana è l’attuazione della salvezza realizzata da Cristo nella sua esistenza terrena e in modo speciale nel suo Mistero Pasquale (SC 5).
Essa è giustamente intesa come l’ultimo momento della Storia della Salvezza, autentico avvenimento salvifico nel quale continua a realizzarsi l’annuncio della salvezza effettuato nella “historia salutis” e definitivamente attuato in Cristo.
Tutto ciò permette alla liturgia di essere considerata anche “momento sintesi” di tutta la storia salvifica. Infatti, la liturgia unisce e ingloba in sé: annuncio e compimento, profezia e attuazione. Al centro di essa c’è sempre Cristo e il suo Mistero Pasquale in quanto autore della salvezza voluta dal Padre e rivelata dallo Spirito Santo ai suoi Santi Profeti. La liturgia appare, quindi, immersa nell’economia divina della salvezza ed è inseparabile dal mistero di Cristo e della Chiesa (SC 2).
La liturgia in quanto opera sacerdotale di Cristo e della sua Chiesa, è culto al Padre e santificazione dell’uomo, esercizio del sacerdozio, culto pubblico ed integrale e azione sacra. (SC 24, 33).
La liturgia è il luogo di incontro e di dialogo dell’uomo e di Dio, mediante il mistero di Cristo, sempre attivo e operante nel rito liturgico.
È la liturgia che manifesta il mistero di Cristo e della Chiesa (SC 2, 35).

Per questo è fondamentale una maggiore comprensione della sacramentalità della liturgia come storia di salvezza che iniziata con l’antica alleanza, si è pienamente realizzata in Cristo e continua ad attuarsi per mezzo della Chiesa soprattutto attraverso la liturgia nella quale c’è anzitutto una iniziativa di Dio che richiede una risposta dell’uomo: per questo occorre:
una maggiore formazione biblica;
una approfondita conoscenza dei segni liturgici;
una partecipazione maggiormente “spirituale” (coinvolgente tutta la vita) alla celebrazione.

Urge una saldatura tra parola, sacramento, carità e quindi di una visione globale della liturgia vissuta come “evento di salvezza” e come “azione di Cristo e della Chiesa”, attraverso:
la sottolineatura della centralità e presenza di Cristo;
la comprensione della dimensione simbolica della liturgia per saper andare oltre ciò che si fa e si dice, per scoprire e accogliere proprio attraverso ciò che si fa e si dice, la presenza e l’azione di Dio oggi nella mia vita e nella vita della Chiesa;
il superamento della sola spiegazione di ciò che avviene nella liturgia per preoccuparsi di entrare nel mistero, di esporsi alla Parola e di accogliere l’agire di Dio nella mia vita;
il ritrovamento di un equilibrio tra la liturgia della Parola e la liturgia del sacramento (eucarestia): non si tratta infatti solo di comprendere ma si tratta soprattutto di lasciarsi coinvolgere dalla carità di Cristo;
la preoccupazione di un’omelia più fedele alla Parola, più preoccupata di introdurre nel mistero (mistagogica), più aderente alla vita.
l’attenzione a non fare il salto dalla Parola alla vita (certo protestantesimo) ma dalla Parola al Sacramento perché solo allora potrà venire fuori una carità autentica

2.  Perché celebrare?

La liturgia è  il luogo originario dove la comunità dei credenti in Gesù Cristo si rivela e si manifesta come Chiesa e come sacramento di unità, giustamente allora si può definire la liturgia come “epifania della Chiesa”.
Infatti, la liturgia è la Chiesa in atto, la Chiesa che, essendo corpo di Cristo, rende se stessa corpo di Cristo, unendosi all’offerta e al sacrificio sacramentale del suo Signore. La liturgia, e in modo speciale l’Eucarestia, realizza una duplice funzione, mentre assume il sacrificio della fede e della santità di vita dei fedeli, fa di quel sacrificio che si celebra e che il sacrificio del corpo di Cristo.
La Chiesa, comunità culturale e liturgica, costruisce se stessa nello stesso tempo in cui celebra la liturgia e in modo particolare realizza l’Eucarestia, sacramento del sacrificio di Cristo, memoriale perpetuo del sacrificio della croce, vera Pasqua della Chiesa e Pasqua cristiana.
“La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù. Infatti il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si uniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al Sacrificio e alla mensa del Signore”
A sua volta la Liturgia spinge i fedeli, “nutriti dai sacramenti pasquali”, a vivere “in perfetta unione”, e domanda che “esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede”.
In questa prospettiva conciliare appare evidente come la Liturgia sia da considerare il momento centrale della vita cristiana, perché è in essa che si alimenta e cresce la fede ed è per essa che la vita di fede può trasformarsi in testimonianza di carità.
La riforma liturgica auspicata dal Vat II, purtroppo, pur facendo rilevare enormi progressi, si può dire che non sia pienamente attuata.
Si nota ancora tra i cristiani una profonda spaccatura tra fede e vita e una superficiale partecipazione alla liturgia dovuta alla non piena comprensione della riforma stessa.

Mi preme ricordare inoltre le affermazioni con cui il magistero conciliare    sollecita ed incalza i pastori d’anime : “A tale piena ed attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel rinnovamento e nell’incremento della liturgia. Essa infatti è la prima e la più necessaria sorgente alla quale i fedeli possano attingere uno spirito veramente cristiano; e perciò i pastori d’anime in tutta la loro attività pastorale, devono cercarla assiduamente ed intensamente perseguirla”.
Da ciò appare chiara la preoccupazione del magistero: “I fedeli non assistano come estranei ed inerti spettatori alla celebrazione eucaristica ma partecipino all’azione sacra, consapevolmente, pienamente, ed attivamente, siamo istruiti nella parola di Dio, rendano grazie a Lui offrendo l’ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui imparino ad offrire se stessi e di giorno in giorno, per mezzo di Cristo mediatore, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro, di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti”.
Una partecipazione attiva richiesta dalla natura stessa della liturgia come ancora ribadisce il Vaticano II :
“E’ ardente desiderio della Madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole ed attiva partecipazione alle azioni liturgiche che è richiesta dalla natura stessa della liturgia ed alla quale il popolo cristiano (stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che dio si è acquistato) ha diritto e dovere in forza del battesimo”.
Ne segue che il sacerdozio comune dei fedeli realmente si attua nella partecipazione attiva della liturgia in forza della dignità battesimale.
“Infatti il sacerdozio ministeriale, mentre si associa al sacrificio spirituale dei fedeli, ha il compito specifico di unire l’offerta di questo sacrificio come quella che Cristo fa di sé al Padre, così che il suo sacrificio diventi nostro, e il nostro possa essere (attualmente) il suo”.
Ma tutta la bellezza e il fascino della partecipazione viene da ciò a cui si partecipa. I misteri che Cristo ha vissuto per la nostra salvezza sono sempre presenti e operanti per gli uomini di ogni tempo e luogo. Ed è la liturgia,  lo strumento e il luogo dove questa contemporaneità accade.

Di quì il superamento del ritualismo o formalismo per fare della liturgia un momento vitale attraverso :
un linguaggio liturgico più vicino al linguaggio della vita;
una maggiore verità dei segni dei gesti e dei ministeri : niente nella liturgia è formale (l’importante non è fare, ma fare in verità);
uno stile celebrativo in cui si tenga presente la necessità :
- di un clima di silenzio che è il primo ingrediente della partecipazione attiva;
- del superamento della frettolosità per dare senso a tutto ciò che si fa e per far sì che la celebrazione sia piena di senso;
- della massima sobrietà delle nostre parole e dei nostri gesti per dare il primato alla Parola e al Rito: sobrii in ogni aggiunta nostra…
un coinvolgimento vero dell’assemblea considerata non come “il pubblico” al quale si offre un servizio ma “il protagonista” per primo della celebrazione;
una proclamazione “scrupolosa” e “responsabile”, mai improvvisata, sempre preparata (a livello di comprensione, di proclamazione e di atteggiamento spirituale) della Parola di Dio: lettori davvero preparati e responsabili del servizio che compiono: dalla proclamazione “dipende” l’efficacia della Parola di Dio e l’aggancio con il mistero e la carità…”
una preparazione attraverso il gruppo liturgico durante la settimana; ormai la liturgia non si può più improvvisare,da parte di nessuno…

3.  Per chi celebrare?

Poiché la celebrazione in cui si incarna la parola e il gesto del Signore non solo è “segno efficace” in cui abita l’energia soprannaturale dello Spirito, ma anche espressione che, con efficacia pedagogica, parla a tutto l’uomo è necessario,  valorizzare gli elementi rituali della celebrazione per evangelizzare la carità in tutte le sue multiformi espressioni.
Si  necessita una liturgia impegnativa perché la vita sia una lode a Dio e un culto gradito a lui nella carità, attraverso :
una liturgia in cui entrano i problemi della gente  e del mondo;
una liturgia in cui le persone si sentano interpellate e provocate a dare una risposta, a uscire da comportamenti non evangelici, a praticare la condivisione a misurarsi sulla carità….;
una liturgia in cui si recuperi il senso pieno della condivisione dei beni ridando valore alla colletta ( comunione dei beni, del denaro ma anche del tempo e delle capacità) … ;
una liturgia che educhi al volontariato;
una liturgia che maturi vocazioni radicali come segno di una carità che fa compiere scelte coraggiose “per il servizio” dei fratelli;
una liturgia che non permette di fare festa senza tenere presenti gli ultimi vicini e lontani.
Un servizio di accoglienza dei fedeli che accorrono per la celebrazione. La               rivalutazione del servizio dell’accoglienza, largamente  esercitato nel passato, offre alla sensibilità di tanti uomini e all’innata attitudine  femminile molteplici e specifici spazi di impegno in modo da imprimere alle assemblee liturgiche  uno stile di gioiosa  fraternità umana  e cristiana che introdurrà nuovi rapporti di amore anche aldilà della stessa celebrazione.
La riscoperta del significato dei Riti di offertorio.
Il rito della presentazione dei doni per il memoriale – convinto – sacrificio pasquale  racchiude un grande valore simbolico, spirituale,ecclesiale.
In esso si possono presentare anche altri doni per i poveri o per la Chiesa stessa. In questo contesto rituale si inserisce il servizio per la raccolta delle offerte.
Esso deve attingere il suo genuino significato,personale e comunitario, nell’affermazione del sovrano dominio di Dio su tutte le cose, nella libera e consapevole donazione dell’esistenza e della multiforme laboriosità umana perché diventi offerta viva a lode di Dio Padre associata all’ablazione di Cristo, nell’unità dello Spirito Santo.
Il servizio della raccolta delle offerte, a cui siano impegnate persone, in precedenza o immediatamente prima della celebrazione appositamente designate, deve svolgersi all’inizio della liturgia eucaristica.
E’necessario perciò incaricare più ministri capaci e coordinati tra di loro, per una celere raccolta.
Si faccia  però il possibile perché la raccolta delle offerte e la loro collocazione, fuori dalla mensa eucaristica, avvenga con discrezione e rapidità durante la preparazione dei doni, e non oltre la preghiera sulle offerte.
E’sconveniente  e non si può ammettere, in nessun caso, che la raccolta venga completata durante la preghiera eucaristica, o che essa venga  anticipata durante il Credo o la preghiera universale.
Si aiutino tutti a comprendere la grandezza  del gesto offertoriale e della condivisione con le necessità dei fratelli.
Infatti la presentazione dei doni e la contemporanea raccolta delle offerte non sono semplice gesto decorativo.
Sono manifestazione concreta e comunitaria, quasi una verifica della sincerità di comunione e di condivisione fraterna, come nella pratica apostolica (1Cor. 16,1).
Per recuperare questa dimensione e sottolineare la generosa apertura a tutti i bisogni e a tutte le opere sociali della Chiesa, è assai opportuno che il celebrante, durante la raccolta, rimanga seduto alla sede, mentre si esegue il canto conveniente.
La distribuzione della Comunione ai fratelli ammalati : per sottolineare visibilmente l’intimo  rapporto tra comunità liturgica e comunità  sofferente o in difficoltà, è bene che il celebrante, prima del congedo finale all’assemblea, consegni al Ministro della Comunione, che si porta all’altare, la pisside con la Santa Eucarestia da recare a coloro che, in qualsiasi modo sono impediti, non sono fisicamente presenti.
“E’ una espressione della presa di coscienza da parte della comunità che anche i fratelli involontariamente assenti, sono  incorporati a Cristo e una profonda esigenza di solidarietà li unisce alla Chiesa che celebra l’Eucarestia. Il servizio dei ministri straordinari, che reca il duplice dono della Parola e della Comunione Eucaristica, se preparato e continuato nel dialogo di amicizia e di fraternità,diventa chiara testimonianza della delicata attenzione di Cristo che ha preso su di sé le nostre infermità e i nostri dolori”.
Sono, come vedete, carissimi fratelli, tre piccole mete facilmente raggiungibili se ogni parrocchia si curerà un’adeguata catechesi mistagogica,se nella formazione dei catechisti si baderà alla dimensione liturgica della catechesi e se ci si impegnerà a dotare ogni parrocchia di una commissione liturgica o gruppo liturgico.
A livello diocesano ci sono già corsi per animatori liturgici. E’ necessario che si moltiplichino anche nelle zone pastorali e possibilmente nella singole parrocchie.
Ogni comunità parrocchiale procuri, comunque, di inviare elementi a questi vari corsi, per una specifica preparazione a beneficio della parrocchia stessa.
Una maggiore unitarietà organica nella vita pastorale rifà il tessuto cristiano delle nostre comunità. A questo guardiamo con fiducia!
La reciprocità delle tre dimensioni dell’unica missione della Chiesa : evangelizzazione, celebrazione, testimonianza resa, operativa e presente nelle strutture diocesane, sorreggerà e animerà la vita delle nostre comunità parrocchiali,  rendendole soggetto di annuncio, celebrazione e testimonianza.
Ma soprattutto ridarà al cristiano la sua identità completa, quella di incarnare le tre dimensioni battesimali : profetica, sacerdotale e regale.
A questo guardiamo con fiducia e per questo vogliamo continuare a dare il nostro contributo per scorgere finalmente novità “sotto il sole”.

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