sabato 9 febbraio 2013

LA CHIESA È VICINA ALLA FRAGILITÀ DELL’ESISTENZA UMANA

L’intervento sulla sanità deciso dal Presidente della Regione incide significativamente  sul settore privato. Ben 22 cliniche dovranno chiudere entro il 31 dicembre di questo anno. Nel nostro territorio sono quattro: a Sora (Villa Gioia), Isola del Liri (Casa di cura Santa Teresa) e a Cassino (Sant’Anna e Villa Serena). La decisione è assurda sotto diversi profili. L’intervento dimostra i limiti di un’ideologia che non solo osteggia la libera iniziativa privata, ma che anche impone al cittadino di rivolgersi solo dove vogliono gli Organi centrali.
Insomma, è inaccettabile che un imprenditore dopo aver speso anni della propria vita a creare, avviare e accreditare una struttura sanitaria debba subire un così ingiusto sopruso per mezzo di una “semplice” delibera, una firma su un foglio di carta e via. Anni e anni di lavoro di personale specializzato in fumo. E i fruitori del servizio? I lavoratori? La struttura sanitaria? L’impegno profuso dall’imprenditore? È come se con un colpo di spugna tutto debba scomparire. Come se nulla è stato.

E poi, perché un libero cittadino deve rivolgersi alle strutture sanitarie che decide il politico? Può legittimamente farsi curare da una struttura privata? Forse si rivolge proprio a una struttura privata perché è li che trova più assistenza. No, si sostiene che quelle con un numero di posti letto inferiore a 90 debbano chiudere. E questo è un altro profilo di criticità della decisione. Vi sembra questo un criterio che può essere seguito? Cosa significa chiudere una struttura perché ha un numero di posti letto inferiore a 90. Non significa nulla è un criterio sciocco, sbrigativo, quantitativo, che prende in esame valori assoluti. Perché non si ricorre ad altri indicatori, come la bassa qualità degli interventi, i lunghi tempi di risposta, l’insoddisfazione degli utenti sul servizio. Faccio un esempio una struttura che ha 50 posti letto, svolge un’intensa attività di day hospital e trattiene le persone lo stretto tempo necessario, può essere considerata meno efficiente di una grande struttura che ricovera le persone per un’operazione e le parcheggia nei letti per settimane in attesa che la sala operatoria sia libera?

Ma certo, elaborare indici di qualità forse significa aprire a possibili verifiche delle prestazioni ed andare verso un sistema di trasparenza e quindi di controllo delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie. Ma questa sarebbe un’altra storia. Perché non dobbiamo sapere se una certa clinica o un certo ospedale è efficiente o meno. Perché non possiamo accedere ad internet e verificare nel Lazio quali sono le strutture più efficienti per una certa patologia? Questa è la strada da intraprendere per rendere efficiente la Sanità regionale. Non il taglio indiscriminato basato su analisi fatte su carta.

 di Mons. Alfredo Di Stefano

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