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martedì 12 febbraio 2013

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2013



Credere nella carità suscita carità
«Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16)

Cari fratelli e sorelle,

la celebrazione della Quaresima, nel contesto dell’Anno della fede, ci offre una preziosa occasione per meditare sul rapporto tra fede e carità: tra il credere in Dio, nel Dio di Gesù Cristo, e l’amore, che è frutto dell’azione dello Spirito Santo e ci guida in un cammino di dedizione verso Dio e verso gli altri.
1.      La fede come risposta all'amore di Dio.

Già nella mia prima Enciclica ho offerto qualche elemento per cogliere lo stretto legame tra queste due virtù teologali, la fede e la carità. Partendo dalla fondamentale affermazione dell’apostolo Giovanni: «Abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16), ricordavo che «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva... Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10), l'amore adesso non è più solo un ”comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro» (Deus caritas est, 1). La fede costituisce quella personale adesione – che include tutte le nostre facoltà – alla rivelazione dell'amore gratuito e «appassionato» che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. L’incontro con Dio Amore che chiama in causa non solo il cuore, ma anche l’intelletto: «Il riconoscimento del Dio vivente è una via verso l'amore, e il sì della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell'atto totalizzante dell'amore. Questo però è un processo che rimane continuamente in cammino: l'amore non è mai “concluso” e completato» (ibid., 17). Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli «operatori della carità», la necessità della fede, di quell'«incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore» (ibid., 31a). Il cristiano è una persona conquistata dall’amore di Cristo e perciò, mosso da questo amore - «caritas Christi urget nos» (2 Cor 5,14) –, è aperto in modo profondo e concreto all'amore per il prossimo (cfr ibid., 33). Tale atteggiamento nasce anzitutto dalla coscienza di essere amati, perdonati, addirittura serviti dal Signore, che si china a lavare i piedi degli Apostoli e offre Se stesso sulla croce per attirare l’umanità nell’amore di Dio.

«La fede ci mostra il Dio che ha dato il suo Figlio per noi e suscita così in noi la vittoriosa certezza che è proprio vero: Dio è amore! ... La fede, che prende coscienza dell'amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto di Gesù sulla croce, suscita a sua volta l'amore. Esso è la luce – in fondo l'unica – che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire» (ibid., 39). Tutto ciò ci fa capire come il principale atteggiamento distintivo dei cristiani sia proprio «l'amore fondato sulla fede e da essa plasmato» (ibid., 7).

2.      La carità come vita nella fede

Tutta la vita cristiana è un rispondere all'amore di Dio. La prima risposta è appunto la fede come accoglienza piena di stupore e gratitudine di un’inaudita iniziativa divina che ci precede e ci sollecita. E il «sì» della fede segna l’inizio di una luminosa storia di amicizia con il Signore, che riempie e dà senso pieno a tutta la nostra esistenza. Dio però non si accontenta che noi accogliamo il suo amore gratuito. Egli non si limita ad amarci, ma vuole attiraci a Sé, trasformarci in modo così profondo da portarci a dire con san Paolo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (cfr Gal 2,20).

Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12).

La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30).

3.      L'indissolubile intreccio tra fede e carità

Alla luce di quanto detto, risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite ed è fuorviante vedere tra di esse un contrasto o una «dialettica». Da un lato, infatti, è limitante l'atteggiamento di chi mette in modo così forte l'accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare e quasi disprezzare le concrete opere della carità e ridurre questa a generico umanitarismo. Dall’altro, però, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo che dall'attivismo moralista.

L’esistenza cristiana consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere, portando l'amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli e sorelle con lo stesso amore di Dio. Nella Sacra Scrittura vediamo come lo zelo degli Apostoli per l’annuncio del Vangelo che suscita la fede è strettamente legato alla premura caritatevole riguardo al servizio verso i poveri (cfr At 6,1-4). Nella Chiesa, contemplazione e azione, simboleggiate in certo qual modo dalle figure evangeliche delle sorelle Maria e Marta, devono coesistere e integrarsi (cfr Lc 10,38-42). La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede (cfr Catechesi all’Udienza generale del 25 aprile 2012). Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l’evangelizzazione, ossia il «servizio della Parola». Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio, è l'annuncio di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo (cfr n. 16). E’ la verità originaria dell’amore di Dio per noi, vissuta e annunciata, che apre la nostra esistenza ad accogliere questo amore e rende possibile lo sviluppo integrale dell’umanità e di ogni uomo (cfr Enc. Caritas in veritate, 8).

In sostanza, tutto parte dall'Amore e tende all'Amore. L'amore gratuito di Dio ci è reso noto mediante l'annuncio del Vangelo. Se lo accogliamo con fede, riceviamo quel primo ed indispensabile contatto col divino capace di farci «innamorare dell'Amore», per poi dimorare e crescere in questo Amore e comunicarlo con gioia agli altri.

A proposito del rapporto tra fede e opere di carità, un’espressione della Lettera di san Paolo agli Efesini riassume forse nel modo migliore la loro correlazione: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo» (2, 8-10). Si percepisce qui che tutta l'iniziativa salvifica viene da Dio, dalla sua Grazia, dal suo perdono accolto nella fede; ma questa iniziativa, lungi dal limitare la nostra libertà e la nostra responsabilità, piuttosto le rende autentiche e le orienta verso le opere della carità. Queste non sono frutto principalmente dello sforzo umano, da cui trarre vanto, ma nascono dalla stessa fede, sgorgano dalla Grazia che Dio offre in abbondanza. Una fede senza opere è come un albero senza frutti: queste due virtù si implicano reciprocamente. La Quaresima ci invita proprio, con le tradizionali indicazioni per la vita cristiana, ad alimentare la fede attraverso un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, nello stesso tempo, a crescere nella carità, nell’amore verso Dio e verso il prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza e dell’elemosina.

4.      Priorità della fede, primato della carità

Come ogni dono di Dio, fede e carità riconducono all'azione dell'unico e medesimo Spirito Santo (cfr 1 Cor 13), quello Spirito che in noi grida «Abbà! Padre» (Gal 4,6), e che ci fa dire: «Gesù è il Signore!» (1 Cor 12,3) e «Maranatha!» (1 Cor 16,22; Ap 22,20).

La fede, dono e risposta, ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato e crocifisso, piena e perfetta adesione alla volontà del Padre e infinita misericordia divina verso il prossimo; la fede radica nel cuore e nella mente la ferma convinzione che proprio questo Amore è l'unica realtà vittoriosa sul male e sulla morte. La fede ci invita a guardare al futuro con la virtù della speranza, nell’attesa fiduciosa che la vittoria dell'amore di Cristo giunga alla sua pienezza. Da parte sua, la carità ci fa entrare nell’amore di Dio manifestato in Cristo, ci fa aderire in modo personale ed esistenziale al donarsi totale e senza riserve di Gesù al Padre e ai fratelli. Infondendo in noi la carità, lo Spirito Santo ci rende partecipi della dedizione propria di Gesù: filiale verso Dio e fraterna verso ogni uomo (cfr Rm 5,5).

Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e l'Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l'Eucaristia (sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa. Tutto parte dall'umile accoglienza della fede («il sapersi amati da Dio»), ma deve giungere alla verità della carità («il saper amare Dio e il prossimo»), che rimane per sempre, come compimento di tutte le virtù (cfr 1 Cor 13,13).

Carissimi fratelli e sorelle, in questo tempo di Quaresima, in cui ci prepariamo a celebrare l’evento della Croce e della Risurrezione, nel quale l’Amore di Dio ha redento il mondo e illuminato la storia, auguro a tutti voi di vivere questo tempo prezioso ravvivando la fede in Gesù Cristo, per entrare nel suo stesso circuito di amore verso il Padre e verso ogni fratello e sorella che incontriamo nella nostra vita. Per questo elevo la mia preghiera a Dio, mentre invoco su ciascuno e su ogni comunità la Benedizione del Signore!

Dal Vaticano, 15 ottobre 2012  
BENEDICTUS PP. XVI

lunedì 11 febbraio 2013

IN MEMORIA - Elena Cipollone nel suo quinto anniversario ( 2008-2013 )




Nel quinto anniversario della tua morte, il ricordo è ancora vivo!
Non abbiamo abbandonato la preghiera per te.
Il tuo volto riaffiora ancora con il sorriso dolce e fiducioso,
che sempre ha saputo infondere in noi la speranza del cammino.
La tua assenza è passata attraverso di noi come filo attraverso un ago.
Tutto quello che facciamo è cucito con il tuo colore,
 i nostri giorni sono misurati dal tuo amore,
il nostro futuro è segnato dal tuo insegnamento,
le nostre attese ricolme della tua benedizione.
Cancellare la distanza di tempo e di spazio che ci separa
è possibile solo nella fede che ci unisce,
e nell’alternarsi di entusiasmo e sconforto,
sulle tue orme, abbiamo ritrovato, forza e fiducia,
che culminano in Colui che è la vita eterna.
Tu che sei stata la nostra “roccia”,
affidabile ed instancabile,
continua a sostenerci.
Tu che condividi il nuovo esodo di una terra e un cielo nuovo,
accanto al Figlio di Dio,
continua ad accompagnarci nella nostra vicenda terrena.
Aiutaci a non trattenere per noi il dono della tua vita,
offerto come te, in tutti i tuoi giorni, alla tua famiglia e alla tua Chiesa.
Ora e sempre il nostro grazie,
tu lampada viva che risplendi su di noi!
Così sia

Don Alfredo
Sora, 8 febbraio 2013

ITINERARIO QUARESIMALE - CATTEDRALE SORA

L’Itinerario di riflessione che vi proponiamo per la Quaresima 2013 vuole portare l’attenzione e la riflessione sull’Anno della fede che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto indire per dare un nuovo slancio ai cristiani battezzati, riscoprire la propria fede, proporre una nuova evangelizzazione e “ravvivare in tutta la Chiesa quella positiva tensione, quell’anelito a riannunciare Cristo all’uomo contemporaneo”.

Dalla lettera del Papa, accogliamo l’invito a vivere la quaresima come tempo di penitenza e di rinnovamento per la Chiesa intera. sentendoci solidali con tutto il Corpo Mistico di Cristo.“Sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede, la quale vede il mistero insondabile dell’intreccio tra santità e peccato. Mentre la prima evidenzia il grande apporto che uomini e donne hanno offerto alla crescita ed allo sviluppo della comunità con la testimonianza della loro vita, il secondo deve provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione per sperimentare la misericordia del Padre che a tutti va incontro.

In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12, 2): in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In Lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza.” (Dal Motu Proprio per l’indizione dell’Anno della Fede di Benedetto XVI, n. 13).

Da tali prospettive emerge come il  cammino di ogni uomo è verso la luce; il cammino del credente è verso la somiglianza perfetta con Cristo; il cam¬mino della Chiesa è verso la pienezza del Regno. A Pasqua la luce viene a noi; Cristo ci viene offerto come modello di nuova umanità; Dio si accosta e sposa definitiva¬mente la realtà dell'uomo. Per questo la Pasqua - Cristo morto e risorto - è il punto di attrazione della nostra vita, della fede della Chiesa, della storia del mondo. " Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me " (Gv 12,32). " Un grande luminoso giorno senza tramonto si istaura tra noi che crediamo in Lui :la mistica Pasqua, celebrata in figura sotto la legge,compiuta nella realtà di Cristo " (Omelia del II secolo).

La Pasqua è il momento culminante della storia di Dio nel mondo. Il Padre ci dona Gesù come primogenito di una creazione nuova, ecco l’ invito a camminare insieme verso la Pasqua vivendo intensamente il tempo quaresimale. La Quaresima, infatti, è un cammino di 40 giorni, in riferimento ai giorni trascorsi da Gesù nel deserto prima di iniziare la predicazione del Regno di Dio. Il numero 40, nella Bibbia, è in genere associato a situazioni di prova, di lotta, di attesa. In esse, però, Dio interviene sempre, per ridonare fi¬ducia e consentire la vittoria. Così è la "quaresima": tempo de¬stinato a saggiare la nostra fedeltà e tempo che manifesta la presenza salvifica di Dio. Per questo essa è tempo di rinnovamento : il mistero di Dio che entra, vuole entrare, nella nostra vita ha la potenza di cambiarla, convertirla, rinnovarla a somiglianza di Cristo. Il Battesimo ci ha legati a Lui in novità di vita : la Quaresima è il tempo forte per camminare in questa vita nuova.

Quali i passi concreti del cammino ?

L'itinerario quaresimale ci deve condurre ad essere "nuova creatura": ravvivando la grazia del Battesimo, facendo l'esperienza del perdono, riscoprendo la presenza misteriosa del Risorto nel nostro cuore rifiorirà il canto della vita e della gioia, come allora rifiorì nel cuore dei discepoli nel vedere il Signore (cfr. Gv 20,20).

Ecco, dunque, alcuni passi da compiere per muovere in tale direzione.

Ascoltare la Parola. Il Vangelo di Luca narra gli incontri e le ultime istruzioni di Gesù ai suoi e precisa : "Allora aprì loro la mente all'intelli¬genza delle Scritture " (Lc 24,45). Il nostro incontro con Cristo è incontro di fede. E la fede - lo sappiamo - nasce dall'ascolto  della Parola del Signore. Se la nostra fede è debole e smorta è perché raro e distratto è l'ascolto della Parola che la genera, la alimenta, la matura. Il periodo quaresimale è tempo favorevole per ripren¬dere o intensificare ritmi e momenti di ascolto. La Parola nella catechesi, la Parola nella liturgia, la Parola nella vita. Sia questa quaresima l'occasione per rimettere la Bibbia nel cuore dei cristiani e farne il nutrimento delle nostre assemblee.

Convertire la vita. La fede comporta la conversione, è conversione. Lo ha detto Gesù (cfr Mc 1, 15.). Solo se il cuore si rinnova, come leg¬giamo nei Profeti, è possibile diventare discepoli del Signore e accoglierne tutto il messaggio. Da che cosa e come convertirsi ? Dai nostri idoli ! Ciascu¬no li dovrà scoprire nella sua coscienza; ma ce ne sono alcuni assai comuni ed evidenti nel nostro vivere privato e pubblico e sono quelli di sempre : l'egoismo, il denaro, il consumismo, il sesso, la prepotenza, il potere, il successo ad ogni costo .. .

Lasciamoci illuminare dalla Parola di Dio e lasciamoci cambiare dalla Sua grazia, invocata nella preghiera e mediata dal gesto sacramentale della Penitenza. Aiutiamoci a vicenda, fraternamente, con il consiglio, con la correzione reciproca, con la preghiera, con l'esempio per giungere a Pasqua veramente riconciliati con Dio e con i fratelli. E con la liturgia imploriamo:

" O Dio, Padre buono e grande nel perdono,
accogli nell'abbraccio del tuo amore,
tutti i figli che tornano a te con animo pentito ;
ricoprili delle splendide vesti di salvezza,
perché possano gustare la tua gioia
nella cena pasquale dell'Agnello" (Messale Romano, p. 971).

Reinventare il digiuno. Il digiuno è antica pratica quaresimale. Oggi può appari¬re fuori luogo perfino il parlarne. Eppure la liturgia ne parla, lo illustra, lo raccomanda. Non sarà il caso di riscoprirlo nel suo valore attuale, oltre le forme e le modalità legate a tempi passati ? Il digiuno gradito a Dio, dice Isaia, è la giustizia, l'impe¬gno per la liberazione, l'opera di carità. Allora esso non è da considerare "in negativo" né è da vivere come "risparmio da accumulare". Il digiuno è rinuncia al proprio in favore di altri, è lotta al consumo e allo spreco, è solidarietà e condivisione, è fraternità che sa spezzare il pane. E', infatti, documentato a diversi livelli che la povertà di una parte dell'umanità dipenda dalla ricchezza esorbitante di un'altra parte. Allora il digiuno assume volti diversi ed è esperienza pe¬rennemente nuova. Ecco la persona in solitudine, i malati da visitare, gli emarginati dal silenzio, dall'indifferenza, dai pre¬giudizi dei quali farsi carico. Anche questo è digiuno : aprire il cuore al perdono, rendersi disponibili all'incontro, donare il tempo al dialogo.

La Caritas italiana e diocesana ci sollecita ad alcuni gradi¬ni di impegno che con le nostre comunità parrocchiali siamo  chiamati ad assumere secondo la propria generosità.

-  Aprire gli occhi e scoprire chi sono i poveri oggi, intor¬no a noi o lontano da noi.
-  Aprire gli occhi sulla nostra vita e scoprire quello che ci è necessario, quello che è superfluo, quello che sprechiamo in spese inutili, coinvolgendo a condividere beni a lunga scadenza per il nostro Emporio.
-  Impegnarsi in qualche servizio concreto durante la quaresima : aiutare una persona o una famiglia, sostenere chi soffre, contribuire ad iniziative o opere di carità.

-  Partecipare alla vita della comunità offrendo tutta la propria collaborazione a servizio dei fratelli.

Lo Spirito di Gesù entri nella nostra vita, la converta e la sospinga verso la luminosa trasformazione della Pasqua. Canteremo così il nostro "Alleluja", camminando oggi nella speranza, godendo domani nella gioia piena della Pasqua eterna.

Don Alfredo Di Stefano
Parroco

CATTEDRALE SORA